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Si chiude oggi a Pistoia il Sesto Forum di Greenaccord sulla salvagruardia del Creato




Si chiude il Sesto Forum dell’Informazione Cattolica per la Salvaguardia del Creato. Da Pistoia il tema ‘Il tempo del Creato, il tempo dell’Uomo’ va in archivio con le riflessioni finali del presidente del Comitato Scientifico di Greenaccord, Andrea Masullo: “Da queste tre giornate è emersa la centralità della concezione del tempo per la comprensione delle attuali crisi economiche, sociali ed ecologiche. Il modo di concepire il tempo definisce il soddisfacimento di due bisogni essenziali: il bisogno di un sano ambiente naturale e di un sano ambiente umano, e ci consente di collegare il degrado ambientale con il degrado etico e sociale.
Già nella prolusione di Monsignor Mansueto Bianchi è emerso come un approccio aggressivo al tempo, visto come competitore, nemico, da abbreviare, esercita violenza sui ritmi della natura.
Essa è sacrificata all’imperativo di produrre il più possibile nel minor tempo possibile, imprimendo insostenibili accelerazioni lineari al funzionare ciclico della biosfera, sino a comprometterne funzioni vitali come la regolazione del clima.
La rapidità alla quale l’economia mondiale estrae risorse dalla natura e vi disperde gli scarti ha portato in questi ultimi anni a prelevare il 35% in più di quanto la biosfera riesce a rigenerare, riducendo in tal modo la sua capacità di continuare nel futuro ad offrirci servizi essenziali per la vita e per il benessere.
La violenza esercitata sul funzionamento della biosfera comporta anche una altrettanto grave violenza sui ritmi della natura umana, privilegiando l’accelerazione senza limiti dei ritmi della produzione. Ciò ha portato allo smarrimento del senso della vita come insieme, come progetto. Tutto scivola nella banalità di un tempo sempre uguale che tutto divora natura ed esseri umani in una sequenza di fatti e di impegni di cui spesso si smarrisce il senso.
E’ il dominio della tecnologia sulla natura. Ha sottolineato Franco Miano, che quando la natura viene trattata come qualcosa su cui esercitare un dominio, si interrompe il rapporto dialettico di integrazione uomo e natura. La vera novità dell’etica di oggi è che l’uomo è intervenuto nel tempo della natura e deve prendersene la responsabilità.
Il tempo della natura e il tempo dello spirito, ci ha ricordato Mons Bianchi sono gli ancoraggi per una ecologia del creato e dell’uomo. Rifondare una ecologia del tempo. Aprire il varco per una possibile felicità che oggi sembra smarrita nell’uniformità seriale del consumo e della produzione.
L’uomo moderno, stretto nella tenaglia produttore/consumatore, è un uomo infelice, perché l’offerta sovrabbondante di cose, il moltiplicare i suoi bisogni materiali, lasciano insoddisfatti il bisogno fondamentale di intessere e coltivare relazioni umane. La negazione di questo bisogno rende l’uomo più fragile e vulnerabile di fronte alla crisi economica. E’ il paradosso della solitudine nelle nostre città sempre più affollate, sottolineato da Carla Collicelli che ci ha illustrato come il reddito non sia l’unico elemento che produce felicità. Il tempo frenetico del lavoro e del consumo ha quindi un effetto destrutturante sulle reti di relazioni sociali, riduce il tempo da dedicare alla famiglia, rendendo l’uomo più fragile di fronte alle attuali crescenti difficoltà economiche, moltiplicando ansie e paure.
Corrado Beguinot ha sottolineato la necessità urgente che la città di pietra si riavvicini sempre più alla città immateriale, quella cioè delle relazioni, sicché la vera città, la città dell’uomo, riacquisti i suoi valori semantici e funzionali.
L’uomo ha la necessità e la capacità di relazionarsi, ha osservato il cardinale Josè Saraiva Martins. Di conseguenza, l’uomo non è solamente un esistente razionale, ma è un esistente relazionale. In quanto esistente relazionale, l’uomo vive la sua relazione con tre “entità”: Dio, l’uomo, il creato.
Ma l’accelerazione del tempo dell’uomo, la sua frammentazione in minuti, in secondi, ci ha portato a riempire le nostre giornate di impegni, che ci lasciano l’angoscia di un tempo povero di qualità, di profondità, di un presente che ci sfugge continuamente e velocemente scivolando nel passato, e ci lascia solo l’angoscia di un futuro incerto. Gianni Manzone ha sottolineato questa vittoria del Chronos che ci lascia come orfani del Kairòs, di quel tempo giusto che non svanisce, che dà senso alla nostra esistenza che ci fa vincere l’angoscia di uno correre senza meta, che dà senso alla nostra fatica quotidiana nella speranza che Dio porterà a compimento il nostro lavoro.
Da queste giornate emerge la necessità urgente di un cambio di paradigma, di una ricucitura fra il tempo frenetico dell’uomo vissuto come sequenza di istanti tutti uguali, e il tempo di Dio, caratterizzato dalla fedeltà dell’amore del padre che attende con pazienza il ritorno del figliol prodigo. Questo è il tempo del ritorno, della ricomposizione della dolorosa frattura fra il tempo dell’uomo e il tempo della natura, per estrarne i frutti senza violentarla, senza comprometterne l’integrità ed il funzionamento, come ci ha illustrato Franco Pasquali. Urge la necessità di rallentare il tempo, come emerso dalla tavola rotonda, perché la velocità, la fretta è nemica della saggezza ed impedisce di trovare le soluzioni giuste ai problemi dell’umanità.
La frenesia produttivistica che ci fa misurare tutto in quantità e non in qualità, ha portato ad un arricchimento materiale dell’uomo al costo di un suo impoverimento spirituale; e ciò porta con sé il grande rischio, di fronte alla crisi economica che mina anche la ricchezza materiale, di un imbarbarimento delle coscienze e della società, di uno scivolamento verso l’egoismo, l’intolleranza, la risposta violenta alla paura e alla insicurezza per il futuro. Un miliardo di persone oggi soffre la fame; a causa dei cambiamenti climatici fra qualche decennio la fame potrà colpire quasi tre miliardi di esseri umani. Quella diversità che nella biosfera rappresenta la ricchezza, la speranza per il futuro, viverla come una minaccia lascia tutti senza speranza. Non ci si può salvare da soli; o ci si salva tutti insieme o la nostra generazione porterà con sé l’enorme responsabilità di una vita estremamente difficile per i 9 miliardi di esseri umani che abiteranno la Terra nella seconda metà di questo secolo.
Non bisogna aver paura del cambiamento; il cambiamento di paradigma fa parte della storia evolutiva dell’universo, che da oltre 14 miliardi di anni si sviluppa attraverso un continuo processo creativo di nuovi scenari, di nuovi percorsi. Il cambiamento è parte essenziale di una creazione che, come ci ha detto l’astrofisico Benvenuti, non è riconducibile ad un fatto, ad un fenomeno fisico, ma è fuori del tempo e continua ancora oggi.
Da alcuni decenni la scienza, con sempre maggiore insistenza ci dice che ci stiamo avvicinando ad un punto di svolta. Il vecchio paradigma, forte degli straordinari successi ottenuti, non vuol cedere il passo al nuovo, e nel tentativo di resistere ormai produce più danni che benefici, mostrando ogni giorno di più la sua inadeguatezza a guidare l’umanità nel futuro.
Non dobbiamo avere paura del cambiamento, anzi con il nostro impegno personale, con il nostro stile di vita, noi cristiani dobbiamo farci avanguardie di quel cambiamento di cui il mondo ha sempre più urgente bisogno. Bisogna superare la frammentazione della conoscenza prodotta dal riduzionismo, che a sua volta ha prodotto la frattura fra uomo e ambiente, fra economia e biosfera; riconoscere la semplice verità che ciò che è ecologicamente sostenibile non può che essere anche economicamente necessario, e ciò che non è sostenibile solo apparentemente può sembrare economicamente conveniente. E’ necessario riportare al centro del sapere e dell’agire l’uomo nella sua integrità, superando il dualismo fra fisicità e spiritualità: in altre parole riconciliare il tempo dell’uomo e il tempo del creato”.

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