Il vescovo di Pistoia nell'Omelia della messa di San Jacopo: "meno divisioni all'interno della Chiesa"
“La comunità cristiana oggi chiede di poter
continuare la propria presenza e il proprio apporto in un clima di
pluralismo culturale ed etico che ben conosciamo e apprezziamo, anche se talora con un po' di fatica. Non coltiviamo sogni egemonici né cerchiamo contaminazioni di potere. Riconosciamo la libertà di coscienza di ciascuno come pure il democratico comporsi della volontà dei cittadini nel governo della cosa pubblica. Vorremmo però non incontrare preclusioni e pregiudizi verso l'apporto cattolico”. E' un
passaggio dell'omelia pronunciata questa mattina a Pistoia, nella
chiesa cattedrale, dal vescovo Mansueto Bianchi – davanti alle autorità pubbliche - per la ricorrenza di San Giacomo Apostolo, patrono della città.
“Vorremmo – ha aggiunto mons. Bianchi – che posizioni etiche su
problemi vitali per la dignità umana e che hanno amplissima dignità
razionale e culturale fossero seriamente assunti nel dibattito civile e non apoditticamente tacciati di confessionalismo, clericalismo”.
Mons. Bianchi, alla sua seconda celebrazione della festa di san Jacopo in una città fortemente legata al culto dell'apostolo di Cristo fratello di Giovanni che fu ucciso da Erode nell'anno 42, ha
sottolineatoe attualizzato tre dimensioni della festa: la memoria, la concordia, il servizio.
“Bere al calice della memoria significa, per una città, riconoscere la testimonianza della vita di Giacomo ma anche del cammino del popolo che l'ha seguito e che ha prodotto cultura, arte, civiltà, bellezza, istituzioni e costumi sociali”.
Il vescovo di Pistoia, a proposito di concordia, ha poi auspicato
“concordia interna” nella sua Chiesa (“Sorelle e fratelli miei, quant'è dura la fatica dell'unità, della comunione possibile!”) per estendere l'auspicio anche alla città e al suo territorio (“Il calice della concordia in una città vuol dire che le istituzioni e le strutture devono preoccuparsi più delle persone che di sé stesse, devono trattare i cittadini come soggetti che meritano dignità e rispetto, devono risparmiare agli utenti umiliazioni, non risposte, inadeguatezze. Il calice della concordia vuol dire impegnarci tutti ad abbassare il tasso della litigiosità, tra singoli, corpi sociali, espressioni di interessi
diversi; vuol dire vivificare e dilatare gli spazi del confronto, della concertazione, della sinergia; vuol dire non farsi dominare dalla sete di potere, non essere invasivi degli spazi e delle occasioni che si presentano, non mettere le bandierine su tutte le articolazioni ed espressioni della società, riconoscere nei fatti il primato della società civile sui partiti e sulle aggregazioni di parte”).Aggiunte altre considerazioni sull'importanza di bere, nella città, “al calice della concordia” (“Vuol dire puntare all'accoglienza e all'integrazione degli stranieri secondo misure che non siano dirompenti per il tessuto sociale della comunità stessa”), il vescovo Bianchi ha concluso l'omelia per il San Jacopo 2008 sull'importanza del bere al “calice del servizio”. “Dinanzi ai dodici che puntavano alla sagra del potere e della gloria, Gesù ribadisce che la grandezza vera è nel servire non nell'asservire, il vero modo di essere primi è nel farsi ultimi per amore”. E questo - ha concluso - “è criterio davvero dirompente per la nostra mentalità”.